TESTIMONIANZA SU NUCCIA TOLOMEO
di Maria Cosentino-Mantelli (testimonianza orale-filmata)
Nuccia era sempre seduta su una specie di poltrona, con le gambe pendenti e i piedini
inservibili; facevano impressione le manine scarne con due corone, una in una mano e l’altra
nell’altra. Sempre accogliente, sempre sorridente, sempre piena di desiderio di pregare e di
dire il rosario. Spesso lo dicevamo insieme.
Era bisognosa di tutto. Non riusciva a mangiare da sola, non era autosufficiente per
niente. La cugina Anna la girava, la voltava, le tirava prima una gamba, poi un’altra. Insomma
era veramente penoso vederla, però in viso era sempre sorridente. Offriva sempre a Gesù e
dava sempre speranza agli altri. Io andavo convinta di fare qualche opera buona e invece il
bene lo ricevevo io, perché ogni volta che andavo da lei, tornavo ricca di questa sua fede
grande, della sua speranza e della sua donazione.
Quando è morta, l’ho portata a lungo nel cuore e sono convinta che lei continua a
pregare per noi, continua a starci vicino. Eravamo tanti ad andare da lei e mi pare che abbia
anche convertito un ateo.
Una notte mi ha chiamato per telefono, dicendomi “io sto morendo”. Sono scappata
con la macchina, abbiamo chiamato Padre Capellupo, suo direttore spirituale; poi invece
aveva una colica renale, che si è risolta. Lei aveva in me un punto fermo, perché io
guidavo e avrei potuto aiutarla in tante cose. Non ho mai accompagnato lei con la macchina,
perché lei non si muoveva, ma accompagnavo Padre Capelluto, parroco di Settingiano, lo
andavo a prendere, lo riportavo. Fin quando è morto, Padre Capellupo ha seguito Nuccia,
celebrava a volte la messa nella sua casa, altre volte portava l’Ostia consacrata, confessava lei
e i presenti. Noi facevamo una specie di altarino e poi la comunione. Questo ogni una o due
settimane. Dal 1965 fino alla sua morte io sono sempre andata a trovare Nuccia: erano delle
belle ore di preghiera, in cui lei era felicissima.
Con Nuccia, in casa, oltre l’anziana mamma e la zia, c’era anche la cugina Anna e i
suoi due figli, che erano studenti. Anna era sordomuta, lavorava facendo qualche servizio e
ricamava benissimo. Economicamente non stavano bene, e quindi c’era anche la
preoccupazione del futuro. In questo contesto di bisogno, Nuccia si faceva carico di tutta la
famiglia. Nonostante le preoccupazioni e la sofferenza, era sempre sorridente e sempre
accogliente. Per questo, secondo me, Nuccia era un’anima santa! Ogni volta che andavo da
lei, ci andavo molto volentieri e quando è morta, mi è mancata qualcosa.
Catanzaro 14 novembre 2006